Dott. Giammario Mascolo

Le “Tentate Soluzioni” che aggravano i problemi

Dopo le divagazioni teoretiche, forse anche un po' noiose, torniamo all’uomo della bomba sull’aereo, di cui si è parlato prima, per esporre un altro aspetto della formazione dei problemi: ciò che costruisce una patologia e la mantiene in vita, spesso è proprio ciò che le persone tentano di fare per risolverla. Una tentata soluzione che non funziona, se reiterata, non solo non risolve il problema, ma lo complica, sino a portare al costituirsi di un vero e proprio circolo vizioso, all'interno del quale ciò che viene fatto per cambiare, alimenta invece proprio la persistenza di ciò che dovrebbe essere cambiato.
Questo costrutto, formulato per la prima volta dai teorici della Scuola di Palo Alto (Watzlawick e altri, 1974) può essere meglio chiarito mediante un esempio concreto:
la persona che soffre di un disturbo fobico cerca usualmente di evitare le situazioni che le scatenano la paura, ma è proprio l'evitare tali situazioni che incrementa la reazione fobica. Ogni fuga, infatti, conferma la minacciosità della situazione evitata e conduce a una nuova fuga sino a che, in virtù di questo circolo vizioso di tentate soluzioni che aumentano il problema, il soggetto fobico giunge a isolarsi in un sottrarsi pressochè totale. A questo punto egli avrà letteralmente "costruito" un disturbo fobico generalizzato. Se poi, come è frequente in questi casi, alla strategia di fuga personale di questo soggetto si aggiunge la tentata soluzione del supporto e dell'aiuto offerto da coloro che vivono intorno a lui, il problema si complica ulteriormente.

L'aiuto dato a chi ha paura di affrontare determinate situazioni da parte di persone care che lo accompagnano sostenendolo, ha l'effetto di confermare a questi ancor di più che da solo non ce l'avrebbe mai fatta (Nardone, 1993).
La sommatoria di una tentata soluzione personale e di una tentata soluzione relazionale, reiterate nel tempo, conduce dunque all'effetto finale di un incremento formidabile della patologia che avrebbe dovuto attenuare.
Quello che può sorprendere, è che ciò che guida le persone a reiterare l'applicazione di atteggiamenti e comportamenti disfunzionali non è tanto un freudiano "istinto di morte", e nemmeno una "propensione genetica" alla patologia, ma l'applicare in maniera rigida soluzioni che precedentemente nella loro vita avevano funzionato in problemi dello stesso tipo; solo che una buona soluzione, sullo stesso problema in tempi diversi, può divenire una pessima soluzione; così anche un comportamento adeguato in una determinata circostanza, può essere completamente inadeguato in un'altra decisamente simile alla precedente.
Il problema, dunque, sta nel mettere in atto tentativi di soluzione apparentemente adeguati e soprattutto nell'insistere nella loro applicazione anche di fronte al fallimento.

Psicoterapeuta Parma

Psicologo Psicoterapeuta a Roma
Iscrizione Albo n.10467
P.I. 08821351007

Info
© 2021. «powered by Psicologi Italia». È severamente vietata la riproduzione, anche parziale, delle pagine e dei contenuti di questo sito.