Dott. Giammario Mascolo

Un caso di attacchi di panico trattato con successo

L'aiuto che danneggia

L'ambito che ha visto fin dagli inizi la Terapia Breve Strategica sortire grande successo è quello dei problemi d'ansia in generale, e degli attacchi di panico più in particolare.
Il caso che presento riguardava un uomo di circa quarant'anni, arrivato in terapia insieme a sua moglie. L'uomo descrisse il suo problema come una terribile paura di frequentare posti aperti o affollati.
Il fatto che fosse proprietario di un agenzia per pratiche auto aggravava ulteriormente il problema, in quanto ogni volta che doveva andare alla motorizzazione o in qualche altro ufficio per lavoro veniva preso dal panico e, col tempo, aveva completamente smesso di farlo, delegando la moglie o il fratello ad andare al posto suo.
La moglie, dal canto suo, dichiarò di essergli stata sempre vicina e fare di tutto per farlo sentire tranquillo e sostenuto, però, anche per il fatto di avere due bambine, non sempre poteva sostituirsi a lui nel lavoro o nelle incombenze quotidiane.

Attraverso la tecnica del "Dialogo Strategico" si portò il paziente a comprendere che il suo problema era fortemente radicato su due attegiamenti:

  • Guardarsi continuamente dentro alla ricerca di possibili sintomi che gli facevano temere di star male, come una "Marionetta rotta con gli occhi sempre rivolti all'interno";
  • La continua richiesta d'aiuto ai suoi familiari, che lo portava a credere di non poter mai farcela da solo.



Alla fine della seduta venne prescritto quello che in Terapia Strategica si chiama "Diario di Bordo": uno schema predefinito da portare sempre con sé, ed utilizzare nel momento esatto in cui il panico arrivava. Ciò sarebbe servito ad ottenere una sorta di "fotografia" precisa di come funzionava il problema.
Inoltre si chiese al paziente di porsi una domanda tutti i giorni: "Cosa dovrei fare o non fare oggi per peggiorare volontariamente il mio problema?"

La seconda seduta mostrò l'uomo già molto più sereno: aveva capito che lo scrivere, oltre che come strumento diagnostico, era stato anche un modo per distrarsi da quel continuo "Guardarsi dentro". Gli attacchi di panico infatti non si erano mai verificati nel giro di due settimane e, cosa che aveva meravigliato lui ma soprattutto la moglie, era andato in posti che ormai evitava da moltissimi anni.
Anche se il problema non poteva dirsi risolto, dal momento che c'erano ancora cose che egli evitava delegandole ad altri, il meccanismo si poteva definire sbloccato.
Dopo aver rafforzato questa prima importante conquista, il terapeuta spiegò che la paura, se guardata in faccia, si trasforma in coraggio, mentre se evitata si trasforma in panico.
Proprio su questa base, poi, venne prescritta una tecnica che è spesso utilizzata per i problemi d'ansia: ogni giorno il paziente avrebbe dovuto concentrarsi per mezzora su tutte le fantasie più terribili e spaventose riguardanti il panico, sforzarsi in quella mezzora di stare volontariamente più male possibile.
Si suggerì poi di chiedersi ogni mattina: "Cosa farei oggi come se fossi completamente fuori dal mio problema?" Tra tutte le risposte che sarebbero venute, l'uomo ne avrebbe dovuto scegliere una, la più semplice da mettere in atto, ed impegnarsi a farlo durante la giornata.
Questa seconda prescrizione non apparve molto difficile al paziente, proprio perché era perfettamente consapevole di aver fatto cose per lui nuove già dopo la prima seduta.

In terza seduta ci si trovò davanti una persona praticamente nuova, che aveva ricominciato a sbrigare le pratiche lavorative per conto suo.
Rimanevano a questo punto solo alcuni evitamenti legati per lo più all'abitudine di non fare certe attività.
Si procedette allora con il guidare la persona ad affrontare gradualmente quegli ostacoli, proponendogli sempre di evitare gli evitamenti, ma al tempo stesso di evitare il mettersi troppo alla prova.
L'uomo ricominciò ad uscire con la sua famiglia ed accompagnare le bambine a scuola, altra cosa che aveva praticamente sempre evitato.
La terapia procedette con il consolidamento dei risultati raggiunti e con l'acquisizione da parte del paziente delle sue potenzialità come uomo, come padre, come manager.

Anche se può apparire un caso semplice, bisogna tener conto che quest'uomo risultava all'inizio fortemente bloccato dal suo problema, aveva tentato anche altri interventi in precedenza, ma da tredici anni non riusciva a sentirsi più in grado di condurre una vita normale. Toccando i punti giusti, però, è possibile cambiare anche le rigidità più durature.

Come spesso succede La Terapia Strategica si basa proprio sulla possibilità di restituire alle persone la sensazione di poter vivere la propria vita pienamente, sensazione che non richiede, dal nostro punto di vista, lunghi e spesso dolorosi interventi di scavo nel profondo dell'infanzia e dei vissuti personali passati.

Psicoterapeuta Parma

Psicologo Psicoterapeuta a Roma
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