Dott. Giammario Mascolo

Fobia Sociale con paura del giudizio, un caso clinico trattato con successo

E se fossi io a creare la mia stessa trappola?


Si presentò un giovane che entrò nello studio con lo sguardo circospetto, rivolto in basso e intorno a lui; con un fare sospettoso si sedette passando in rapida rassegna con lo sguardo tutta la stanza e tutti gli oggetti in essa. Dopodiché quasi a monosillabi dichiarò di essere affetto da "fobia sociale”, o almeno era quanto gli era stato diagnosticato dai vari specialisti ai quali si era rivolto senza successo fino ad allora.
Alla richiesta di concrete spiegazioni ed esempi di cosa si intendesse con “fobia sociale” nel suo caso, egli rispose di sentirsi sempre e comunque sotto giudizio da parte degli altri. Riferì inoltre di sentirsi continuamente rifiutato in quanto - secondo lui - gli altri osservandolo capivano che lui era un tipo problematico e pertanto lo tenevano a distanza.
Questi affermò anche che, per quanto si sforzasse di nascondere il suo imbarazzo e la sua fragilità, sentiva che gli altri lo intuivano comunque. Tutto ciò innescava in lui una reazione di elevata ansia, arrossamento, sudorazione ed inesorabilmente la fuga.
Più volte si era forzato di resistere ma prima o poi aveva sempre finito per cedere. La sua tendenza attuale era quella di evitare qualunque contatto sociale. Per la maggioranza del tempo, infatti, se ne stava rintanato a casa oppure, quando costretto, vagava guardingo e distante dalle altre persone.
Siccome egli era arrivato molto in anticipo rispetto all’appuntamento, mentre il terapeuta era in ritardo, aveva passato più di due ore nella sala di attesa brulicante di persone. Gli venne chiesto allora: "E come ha fatto a resistere tutto questo tempo nella nostra affollata sala d’attesa?". Lui disse di essere stato tutto il tempo a fingere di leggere riviste o quotidiani a testa bassa, lanciando però sguardi di vigilanza intorno a sé. Dichiarò che in quel caso ciò che lo aveva più disturbato era la presenza di due giovani e belle ragazze che chiacchieravano tra di loro come se fossero in un elegante salotto, egli aveva avuto l’impressione che in dei momenti parlassero proprio di lui e che ovviamente lo stessero deridendo.

Dopo aver indagato su tutti i suoi fallimentari tentativi di risolvere il problema, gli venne proposto un aneddoto: “Un signore entra in un locale pieno di gente ma è convinto che tutti ce l’hanno con lui, pertanto si muove rigidamente e con lo sguardo circospetto come per tenere sotto controllo tutte le possibili minacce derivanti dalle persone presenti. Le persone nel locale, che stavano facendo i fatti loro, vedono entrare una persona che li ‘guarda male’ con un fare difensivo e pensano ‘cosa vuole questo da noi?’ sentendosi urtati da quel fare passivamente aggressivo. La loro reazione sarà di rispondere sullo stesso tono. Il signore ha avuto così la conferma che tutti ce l’hanno con lui e lo rifiutano!”.

Egli guardò il terapeuta per la prima volta dritto in faccia ed affermò: “Ma questo è quello che mi succede continuamente! Però non avevo mai visto la cosa da questa prospettiva. Da quanto lei mi dice sarei io a costruire tutto?”.
Al che il terapeuta replicò: “Non ho detto che sia lei che volontariamente costruisce ciò che poi subisce, le ho solo proposto una visione alternativa che credo dovremmo sperimentare per rilevare come stanno le cose. Pertanto la invito a fare un esperimento da qui a quando ci rivedremo. Tutti i giorni vada in un luogo diverso dove sa di incontrare persone, sia conosciute che sconosciute, non fa differenza, mentre va in quella direzione si chieda “Come mi atteggerei diversamente e cosa farei di diverso entrando in contatto con queste persone “come se” fossi sicuro di essere ritenuto una persona desiderabile. Dopodiché mette in atto in quella situazione quello che le è venuto in mente. La preavviso è solo un piccolo esperimento giornaliero che ci potrebbe fare capire meglio quale sia il funzionamento del suo problema”.

Il tipo se ne uscì con un sardonico sorrisetto sulle labbra.

All’appuntamento successivo il paziente entrò nello studio in modo deciso e piuttosto disinvolto, si sedette guardando il terapeuta direttamente, poi raccontò quanto gli era accaduto durante le due settimane. Riferì che appena uscito dallo studio in una sorta di lampo di genio aveva pensato che, se si fosse sentito una persona desiderabile avrebbe guardato e sorriso alle due ragazze nella sala di attesa. E così aveva fatto. Entrambe, riferì, gli avevano sorriso e una di queste gli aveva chiesto come era andato l’incontro, così i tre si erano intrattenuti in una breve conversazione, nella quale egli aveva scoperto di avere in comune con loro una parte del viaggio da fare in treno per tornare alle loro città.
Fu così che i tre si aspettarono a vicenda, si soffermarono a prendere un caffè in attesa del loro comune treno e fecero il viaggio assieme conversando piacevolmente per tutto il tempo.

Tutto ciò apparì a lui come una sorta di ‘mano santa’ che si era appoggiata sulla sua spalla e lo aveva fatto sentire per la prima volta, forse capace di venirne fuori.

Nei giorni successivi egli tutti i giorni aveva eseguito alla lettera la prescrizione e, con sua grande sorpresa, aveva trovato che in nemmeno uno dei luoghi dove si era recato per sperimentare la situazione gli era capitato di sentirsi rifiutato.
Il massimo per lui fu il fatto di essere tornato dopo anni nel circolo di tennis nel quale era cresciuto come atleta e aveva svolto l’attività di maestro per un paio di anni. Infatti era proprio in quel luogo che aveva cominciato a sviluppare, per delle difficoltà con il capo istruttore e con i colleghi, la sensazione di essere rifiutato. Con sua grande sorpresa egli fu accolto da tutti i presenti nel circolo con grande calore come una sorta di “figliol prodigo” che torna a casa, tutto ciò lo aveva commosso e aveva fatto fatica a trattenere le lacrime.

Parlando a lungo delle sensazioni provate durante le due settimane, riferì che gli sembrava di essere tornato da un lungo viaggio spaventoso come Alice nel paese delle meraviglie.
Adesso, però, anche se si sentiva decisamente meglio, aveva un grande timore del giudizio altrui e di poter riinnescare la situazione precedente. In altri termini, si era reso conto di aver prodotto lui in gran parte l'idea di essere certamente rifiutato, e, in quelle due settimane, aveva avuto la prova di ciò, ma adesso temeva di non essere in grado di meritarsi la stima da parte degli altri.
Il terapeuta replicò che questa sua insicurezza appariva decisamente ragionevole e che adesso avrebbe dovuto meritarsi la stima altrui. Pertanto, oltre a procedere come nelle precedenti due settimane cercando però di estendere "l'esperimento" a tutta la sua giornata, doveva chiedersi sin dal mattino "Come mi comporterei "come se" tutti mi ritenessero simpatico e meritevole di stima", impostando poi la sua giornata fin dal principio in quella direzione.

Al successivo appuntamento dichiarò di aver passato giorni di intensa emozione, poiché impostando dal mattino le sue giornate "come se..."… egli aveva fatto tante cose ed incontrato tante persone. Quando in lui era scattata la sensazione di essere rifiutato, immediatamente si era imposto di pensare a come si sarebbe comportato "come se" quella persona gli avesse comunicato stima e simpatia e, così facendo, aveva ogni volta trasformato la situazione. Riferì che tale modalità era diventata quasi automatica e che a lui appariva così strano che bastasse così poco per cambiare tutto. Aveva l'impressione, adesso, di essere lui ad influenzare gli altri ed il loro atteggiamento mentre prima lo subiva passivamente. Questo lo aveva fatto sentire capace come non aveva mai sospettato di poter essere. La prova concreta di ciò era che, in quei giorni, l'ormai ex "fobico sociale" aveva deciso anche di riprendere a dare qualche lezione di tennis nel suo circolo, ovvero ricreare la "situazione delittuosa" del principio dei suoi problemi. Per fare ciò aveva ricominciato a giocare e ad allenarsi per evitare di fare brutte figure ed aveva attaccato nella sede del circolo un volantino di annuncio della sua disponibilità a dare lezioni.
Ancora una volta si discusse a lungo riguardo al cambiamento avvenuto, alle risorse che egli aveva dimostrato di possedere. Dopo di che gli fu suggerito semplicemente di procedere come stava facendo ma di aspettarsi qualche momento critico in quanto, dal punto di vista del terapeuta, questo prima o poi si sarebbe ripresentato.
Egli, stupito della previsione, domandò se anche questo fosse uno dei "trucchi per tirare fuori il meglio di lui".
Il terapeuta, sorridendo, replicò che sarebbe stato meglio aspettare l'occasione per poterlo dire.

La terapia continuò come previsto, ci fu qualche situazione più difficile, ma fu affrontata in maniera brillante.

La storia di questo caso è andata avanti ancora per alcuni mesi nei quali il giovane ha proceduto a costruirsi la simpatia e la stima altrui. Tuttora egli insegna tennis e segue i corsi della federazione per divenire un effettivo maestro. È passato dalla certezza di essere rifiutato alla sicurezza di essere apprezzato.

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