Dott. Giammario Mascolo

Un caso clinico: dubbio ossessivo patologico

Elena era una giovane donna, figlia unica di madre insegnante e padre ingegnere. è sempre stata una figlia modello, brava a scuola, eccellente nella danza classica, socievole e molto corteggiata. All’apparenza una persona destinata al successo in tutte le direzioni della vita ma, purtroppo per lei, finite le scuole superiori col massimo dei voti, la scelta universitaria si trasformò in un dilemma senza via d’uscita. La giovane si dibatteva tra l’idea di iscriversi a ingegneria per seguire le orme del padre e per gli evidenti vantaggi che avrebbe avuto, e la passione per qualcosa di creativo ma che, tuttavia, avesse a che fare con la scienza. Altre due possibilità erano architettura, che le sembrava più creativa della rigida ingegneria e, in alternativa, medicina, disciplina che coniugava il rigore scientifico con l’intuito e le capacità personali. Elena non riusciva a venire a capo del dilemma. Le continue analisi dei pro e contro, anziché sciogliere il dubbio, avevano ulteriormente complicato la scelta. Non riuscendo a venirne fuori da sola, cominciò a discuterne con i genitori e con il fidanzato, tentativo che produsse però risultati diversi da quelli sperati. Il padre sosteneva che Elena dovesse sentirsi libera nella scelta ma che, a suo avviso, valutati costi e benefici, ingegneria sarebbe stata la scelta più conveniente; dall’altro lato la madre, elogiando le sue doti di intelligenza e umanità, pensava che la figlia fosse più portata per medicina; il fidanzato, studente di architettura, propendeva ovviamente per la sua disciplina. Così i dubbi di Elena si sommarono alle opinioni discordanti delle persone a lei vicine e ai sensi di colpa per la possibilità di fare scelte che avrebbero disatteso le aspettative dei suoi cari. Al dilemma razionale si aggiungeva quello emotivo e relazionale: « Comunque fai sbagli ».
Persino uno psicologo specializzato in orientamento, che l'aveva sottoposta a diversi test, aveva concluso che lei avrebbe potuto fare qualunque scelta, perché perfettamente in grado di affrontare qualunque genere di studi. Conclusione che, ovviamente, aveva confuso ancor di più la ragazza.

L’esito drammatico di tutto questo peregrinare alla ricerca di una soluzione razionale al problema fu il rifugiarsi nell’unica cosa che per Elena era una certezza: la danza, rimandando la decisione del percorso universitario. Elena decise di prendersi un anno di sospensione di giudizio riguardo alla scelta universitaria, e nel frattempo di trasferirsi a Londra per portare avanti a livello professionale i suoi studi di danza presso una nota Accademia.
Tale decisione dapprima sortì un effetto calmante, e il duro impegno con la danza servì da potente distrattore rispetto ai dubbi che la tormentavano. Al ritorno da Londra, però, dopo il semestre intensivo portato a termine con successo e con un diploma di insegnante di primo livello in mano, la situazione, anziché migliorare, si complicò ulteriormente.

Elena, per quanto emaciata per le settimane di abbrutimento e con gli occhi gonfi di pianto, riempiva la scena con la sua indiscutibile bellezza, grazia ed eleganza. Alla prima seduta chiese dolcemente ai genitori di accomodarsi in sala d’attesa perché voleva parlare da sola con il terapeuta, per sentirsi libera di esprimere tutto ciò che le veniva.
Non appena il padre e la madre furono usciti, scoppiò in un pianto a dirotto. Solo quando smise di piangere espose la tormentata situazione in cui si trovava e la sua sofferenza per il dolore che stava arrecando ai genitori, i quali erano distrutti dal senso di impotenza. In particolare il padre, con il quale aveva sempre avuto uno splendido rapporto e che aveva sempre rappresentato un punto di riferimento sicuro, negli ultimi tempi era caduto in depressione, tanto da doversi rivolgere al medico di famiglia e assumere degli antidepressivi.

Dopo aver ascoltato il suo racconto guardandola negli occhi in maniera diretta, il terapeuta dichiarò che sembrava un dilemma senza via d’uscita: dal suo punto di vista, lei apparteneva a quel tipo di persone che ogni giorno devono combattere con un sabotatore interno che boicotta continuamente la serenità contestando la correttezza o la validità di qualunque decisione e azione conseguente. Aggiunse: « Dentro di te c’è uno scettico che ti inchioda al dubbio atroce di non essere mai sicura di fare la cosa giusta. Suppongo che, finché la tua vita è stata rigidamente pianificata, il sabotatore scettico ti faceva sentire sempre a rischio nelle interrogazioni e nelle prestazioni artistiche. Immagino anche che, per quanto tu sia stata sempre brava, questo demone dentro di te si presentava ogni volta, e ogni volta era una nuova battaglia. La guerra tra te e l’altra te non è mai finita ».
Mentre il terapeuta caricava di pathos il tentativo di raffigurarle l’immagine del suo problema psichico, Elena lo guardava incantata. Alla fine disse: « Sembra che lei mi abbia letto dentro, sembra che mi conosca da sempre, e questo mi sembra molto strano ».

Egli la rassicurò autoironicamente sul fatto che non fosse un indovino, bensì un esperto del suo problema e che, per quanto le potesse sembrare strano, lei non era per niente originale. Al che Elena replicò prontamente: « Questo mi rassicura molto, perché se non sono l’unica a soffrire di questa cosa significa che c’è un modo per venirne fuori ».

Così, dopo averla catturata suggestivamente, le venne illustrato quasi pedagogicamente il funzionamento del suo problema: nel momento in cui per la prima volta si trovava a fare una scelta completamente libera sul suo futuro, si era aperta di fronte a lei una voragine che l’aveva risucchiata mentre valutava tutte le possibilità, fino a sentirsi incapace di scegliere, proprio perché avrebbe potuto fare al meglio ognuna delle opzioni possibili. Il problema derivava soprattutto dalla sua pretesa di giungere a una scelta mettendo a tacere lo scettico, mentre questo suo compagno di viaggio mai avrebbe taciuto, mai si sarebbe sopito, ma avrebbe potuto solo essere educato e gestito, ovvero trasformato da colui che disputa le scelte a colui che consiglia e supervisiona, accettandone il crudele scetticismo come una parte non solo inevitabile, ma utile di sé. Poi sorridendole il terapeuta aggiunse: « Sei in buona compagnia, perché io stesso ho dovuto rendermi amico il mio nemico interno ». A questa battuta reagì con un incantevole sorriso dicendo: « Sento che lei è proprio in grado di aiutarmi a venirne fuori ». Dopodiché le venne suggerito di cominciare a cessare di combattere contro il suo alter ego perché altrimenti sarebbe stato, per dirla con Shakespeare, come il folle che cerca di scacciare la propria ombra e ci si perde dentro. Pertanto, anziché cercare di sciogliere i dubbi e risolvere gli interrogativi, avrebbe dovuto portarli con sé come la propria ombra, oppure come uno sfondo che non può essere cancellato.
Oltre a ciò le venne prescritto un esercizio specifico che si utilizza in questi casi per aiutare la persona ad uscire dal dilemma presente guardando verso la sua realizzazione futura.

All’appuntamento successivo Elena si presentò curata, elegante ma sobria e, soprattutto, sorridente e con uno sguardo luminoso. Riferì che il fatto di pensare che ciò con cui combatteva da sempre era una parte di sé che avrebbe dovuto farsi amica aveva prodotto un effetto pressoché immediato di pacificazione, come se le forze della natura in contrasto tra loro durante una tempesta si fossero armonizzate e fosse apparso il sereno.
I dubbi e gli interrogativi si presentavano alla sua mente, ma lei evitava di combatterli.

Non si era mai vista né ingegnere, né architetto, bensì felicemente all’opera come medico o psicoterapeuta, ovvero due professioni di aiuto e basate su un continuo contatto relazionale. Di entrambi i ruoli professionali aveva creato diverse fantasie, dal medico senza frontiere che aiuta le persone più disagiate del mondo, allo psicoterapeuta dei casi più estremi e dei segreti più inconfessabili. Ciò che tuttavia l’aveva più sorpresa era che si era vista sola, ovvero senza un compagno accanto e lontana dai suoi genitori. Questa immagine l’aveva un po’ sconvolta, in quanto il fidanzato e i genitori erano sempre stati dei punti di riferimento sicuri e mai aveva messo in discussione la sua relazione amorosa. Infine, nel suo futuro fantastico vedeva anche la danza praticata per puro piacere e diletto personale, senza l’ossessione degli spettacoli e della perfezione dei movimenti.

Le fu chiesto se di tutto ciò ne avesse parlato con le persone a lei vicine. Rispose di aver evitato di farlo, perché dal suo punto di vista per loro sarebbe stato sconvolgente: come avrebbero potuto tollerare una Elena mai conosciuta prima? Cosa avrebbe pensato il fidanzato? Sicuramente che desiderava stare senza di lui.
Elena si mostrò interessata a ciò che il terapeuta pensava di quanto era emerso, ma anziché risponderle direttamente egli le pose un’altra domanda: « Come ti spieghi l’esito sorprendente di questa semplice fantasia orientata al futuro? » Dichiarò di averci pensato molto e che alla fine era giunta alla conclusione di aver lasciato correre per la prima volta il suo pensiero senza essere condizionata dai genitori e dal fidanzato. Al che si sottolineò: « Sarebbe come dire che finora sei stata influenzata più da loro che dai tuoi desideri reali ». Spuntò una lacrima mentre annuiva, poi disse che fin da piccola aveva fatto di tutto per compiacere i familiari: prima era stata la bambolina perfetta della madre, poi da adolescente la musa devota del padre, e infine si era trovata un fidanzato perfettamente conforme a tale modello. Persino nella danza non si era mai discostata dagli insegnamenti e dai vincoli imposti dalla propria maestra; ricordava un episodio di quando lei, quindicenne, dopo un concorso venne selezionata per il corpo di ballo della Scuola di Milano e rifiutò perché pensava che il suo trasferimento avrebbe fatto soffrire tutti, fra cui l’insegnante di danza, la quale le consigliò di non accettare perché lei avrebbe dovuto essere la prima ballerina e non un semplice membro del corpo di ballo.

Dopo aver ascoltato questa elaborazione della trama della sua vita, il terapeuta le pose una domanda tesa a evitare la facile colpevolizzazione nei confronti dei genitori: « Ma pensi che tua madre e tuo padre abbiano deliberatamente scelto e pianificato di condizionare così tanto la tua vita, oppure, in un gioco di complicità tra il tuo timore di esporti senza le spalle coperte e il loro desiderio di averti vicina, vi siete influenzati a vicenda costruendo un legame così condizionante?
Elena rispose prontamente che la seconda ipotesi calzava a pennello per la sua situazione. Egli allora incalzò: « Adesso hai chiaro cosa vuoi fare oppure non hai chiaro cosa vuoi fare? O, ancora, sai cosa vorresti e lo vuoi realizzare o sai cosa vorresti ma pensi che realizzarlo creerebbe troppi problemi? »
« Almeno ci voglio provare, ho già preso informazioni sui prossimi test di ammissione a medicina. Ho pensato infatti che, nel caso volessi fare la psicoterapeuta, potrò farlo con una laurea in medicina o in psicologia, ma se deciderò di fare il medico potrò farlo solo con una laurea in medicina » rispose lei.

Il terapeuta esclamò: « Ma allora sei già determinata! »
Lei asserì: « In realtà fino a oggi non lo ero così tanto, ma parlando con lei mi sono convinta di più. Adesso dovrò affrontare i miei genitori e il mio fidanzato. So già che per i miei, anche se potranno preoccuparsi, andrà bene qualsiasi cosa possa rendermi felice, mentre il mio fidanzato credo si opporrà, perché è molto geloso e non penso possa accettare il mio trasferimento in un’altra città per studiare ».

Le domandò ancora: « E non temi la sua reazione di rifiuto, visto che finora hai rispettato le sue aspettative? »
Elena rispose: « Sì, ma se lui dovesse opporsi così fermamente sino a minacciare di rompere la storia significherebbe che non mi vuole davvero bene ».

Il terapeuta incontrò la bella e intelligente Elena qualche altra volta a distanza di tempo, svolgendo il ruolo di chi si confronta con le sue idee ma senza darle prescrizioni, poiché era ciò che lei stessa chiedeva per sviluppare la sua autonomia personale e fiducia nelle sue risorse.
Concluse il corso di studi in medicina.
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