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Dott. Giammario Mascolo

Un caso di ipocondria trattato con successo

Aiuto! Ho un cancro e nessuno mi capisce.

Una signora sulla cinquantina entrò nello studio, e ancor prima di sedersi cominciò a parlare con un eloquio che ricordava le cascate del Niagara. Ella, infatti, espose verbalmente e non verbalmente, in quanto smanettava e gesticolava mentre parlava, il suo disturbo come a volerlo gettare tutto addosso a chi la ascoltava. La sua patologia era una classica forma di fissazione ipocondriaca, focalizzata sul terrore di ammalarsi di cancro. Questo disturbo era apparso in conseguenza, lei riferiva, all’aver accudito fino alla morte il padre, ammalato per l'appunto di una forma terminale di tumore. Da allora la paziente era entrata in uno stato di preoccupazione per la possibilità di avere lei stessa un cancro, e si era quindi sottoposta a tutti gli esami diagnostici del caso, senza per altro rilevare alcunché di patologico nel suo organismo. Ma, come di solito accade in questi casi, ella non era mai soddisfatta degli esami diagnostici e girovagava da uno specialista all’altro alla ricerca di esami diagnostici sempre più sofisticati. Oppure ripeteva lo stesso esame per il timore che non fosse stato realizzato adeguatamente, inoltre, comprava continuamente riviste di informazione medica e leggeva continuamente tutti gli aggiornamenti rispetto allo studio delle varie forme di tumore e la loro terapia.
Come si può ben capire tutto ciò aveva condotto negli anni la donna a vivere attanagliata dalla paura, e ad incrementare in modo esponenziale la sua fissazione ipocondriaca. A tal punto che sembrava che la sua vita fosse costruita tutta intorno a questa fobia. I familiari, lei riferì, erano giunti all’esasperazione poiché anche in famiglia non si parlava di altro che di tumori.

Come di consueto, il terapeuta chiese alla signora se sarebbe stata disposta a fare qualsiasi cosa per liberarsi dalla sua fobia, lei rispose affermativamente, dicendo che era arrivata in terapia su consiglio di persone precedentemente curate che l’avevano già avvertita riguardo alle strane cose che le sarebbe stato chiesto di mettere in atto.

Prima di tutto si cominciò ad intervenire sul problema argomentando intorno al suo parlare continuamente della sua fobia: "In realtà quando lei ne parla per cercare rassicurazione, senza rendersene conto, motivata dalle migliori intenzioni lei produce gli effetti peggiori, poiché così facendo complica ulteriormente la sua situazione. Quando ne parla... ne parla... è come se annaffiasse una pianta con uno speciale fertilizzante……, la fa crescere di più. Pertanto vorrei che lei cominciasse a pensare che ogni qual volta parla del suo problema lei lo fa aumentare, così come ha fatto in tutti questi anni. Quindi ciò che le chiedo come prima cosa da fare è quella di costruire intorno al suo disturbo, quella che io definisco congiura del silenzio. Ossia l’interruzione di qualunque conversazione intorno al problema, ciò non le sarà difficile pensando che se ne parla fa peggiorare la sua fobia." La paziente guardò il terapeuta con gli occhi sgranati e disse: "Dio mio, mi tapperò la bocca! Ma come farò se sono gli altri a parlarne?" "Dirà loro che parlarne è pericoloso, poiché le profezie possono realizzarsi. Farà un favore anche a loro."

Dopo aver così replicato, si passò alla prescrizione fondamentale per questi casi. "Di qui alla prossima volta che la vedo, oltre alla congiura del silenzio, vorrei che lei facesse un’altra cosa: 3 volte al giorno, la mattina appena alzata, subito dopo pranzo e la notte prima di dormire, vada nel suo bagno, si metta davanti allo specchio, ispezioni tutto il suo corpo. Vada alla ricerca di qualunque indicatore preoccupante e lo scriva. In altri termini voglio che lei 3 volte al giorno si faccia un attento check-up e cerchi tutti i sintomi indicatori di una formazione cancerogena nel suo corpo." La signora guardò il terapeuta con aspetto ancor più sbalordito, replicando: "Ma così mi spaventerò a morte !" Dopo una settimana, la travolgente paziente entrò nello studio con uno stranamente pacato aspetto, e riferì: "Alla faccia…..! come funziona bene non parlarne! Sà avevo talmente paura a parlare della mia fobia, dopo aver incontrato lei, che appena sono arrivata a casa ho detto a tutti che da allora in avanti avremo dovuto assolutamente tacere riguardo a ciò. Mio marito e mio figlio hanno subito avuto parole di entusiasmo nei suoi confronti, forse perché così sarebbe cessata almeno la loro tortura. Ho avvertito anche tutte le mie amiche, con le quali prima non parlavamo di altro, e sa che anche loro si sono impaurite di parlarne……ma la cosa davvero strana è che io in questa settimana non ho mai pensato ai tumori, alla possibilità di ammalarmi…..e come se tutto fosse svanito." A tale affermazione il terapeuta replicò: "Beh almeno 3 volte al giorno eseguendo l’altro compitino avrà avuto la sua paura ?" La donna sorridendo rispose: "No, assolutamente no……. Mi veniva da ridere e mi sentivo decisamente stupida……i primi 2 giorni toccandomi sentivo delle sensazioni che li per lì mi preoccupavano ma poi scrivendole il timore svaniva. Nei giorni successivi poi, non ho trovato più nulla e mi sentivo così cretina al pensare di aver sentito per tanto tempo sensazioni così spaventose. Ho fatto sempre come lei mi ha detto 3 volte al giorno, ma non ho più avuto alcuna paura, infatti, non ho scritto più nulla."

La seduta procedette ridefinendo insieme alla persona tutto ciò che era accaduto, conducendola a comprendere il funzionamento e l’effetto dello stratagemma utilizzato. “Evocare il fantasma volontariamente per poi toccarlo e farlo svanire”; così come “sbattere l’erba per far scappare i serpenti”. Dopo di che si chiese alla signora di procedere nella sua vita, così come le sarebbe venuto naturale, tenendo in mente che se si fossero ripresentate le sue fissazioni, avrebbe dovuto mettere in atto ciò che aveva così bene utilizzato. Ci si congedò dunque fissando il prossimo appuntamento dopo un mese.

Il mese dopo la signora tornò tutta rilassata e sorridente, ma non venne da sola, c’era in fatti con lei una sua amica, ella riferì a tal riguardo che si era permessa di accompagnare questa persona bisognosa anche lei di aiuto. L’energica donna, infatti, affermò di aver vissuto molto bene senza alcun problema e che quindi, siccome riteneva di non aver più necessità per se stessa, aveva condotto l’amica a prendere il suo posto per la seduta programmata.

Per la trascrizione intera di questo caso consultare Nardone G., Oltre i limiti della Paura, BUR Rizzoli, 2000.

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