Mi arrivano spesso domande su come si svolga il primo colloquio con lo psicoterapeuta. Ho voluto perciò raccogliere qualche indicazione in questa pagina, anche per sfatare una serie di miti e fugare una serie di paure rispetto a questo strano incontro, che viene a volte visto un po' a metà tra la chiacchierata con un amico e il consulto con un esperto.
Anzitutto non c'è da preoccuparsi prima del colloquio: cosa dire? come porsi? quale attegiamento avere?... È infatti compito del terapeuta condurre il colloquio e fare domande. Anche i silenzi e le incertezze saranno benvenuti, non si tratta di un esame.
L'appuntamento:
Il primo appuntamento si fissa di solito con una telefonata o con una mail. In quest'ultimo caso si può approfittare dello spazio concesso dal mezzo telematico per accennare rapidamente al problema sul quale si vuole lavorare, sia per avere una consulenza, sia per chiedere al professionista se è di sua competenza.
Nel caso di una telefonata, invece, non è necessario dilungarsi in spiegazioni del problema portato, per quello ci sarà spazio durante la seduta. Meglio invece puntare a stabilire il giorno e l'orario comodo per entrambi, chiarirsi le idee sulla strada da fare per raggiungere lo studio, eventualmente chiedere informazioni sui costi e sulle agevolazioni fiscali che sono previste per una psicoterapia.
Gli unici accenni al problema, in questa fase, possono essere sul fatto che esso riguardi proprio la persona che sta telefonando individualmente, un suo familiare, o amico, oppure la coppia. In questo caso può essere utile parlarne, perché il terapeuta sia in grado di dirci chi deve essere presente alla prima seduta. Ciò permetterà di risparmiare tempo, portando già in prima seduta le persone che possono contribuire alla risoluzione del problema.
L'attesa:
Come dicevo sopra, nei giorni che ci separano dalla data dell'appuntamento è superfluo chiedersi cosa diremo e come lo diremo. Anzi è preferibile continuare la propria vita come sempre, così che, quando il terapeuta indagherà sul problema, potrà avere una fotografia precisa di come funziona, senza che esso si sia in alcun modo trasformato dopo il primo contatto telefonico o telematico.
In alcuni casi sarà necessario organizzarsi con le persone che verranno ad accompagnarci, oppure con chi dovrà venire in terapia con noi, per stabilire dove ci si incontrerà e con quale mezzo si andrà.
In sala d'attesa:
Come in tutti gli studi professionali, anche dallo psicologo può capitare di dover attendere che terminino altre sedute, così come può capitare di incontrare altri pazienti in attesa. Non ci sono controindicazioni né al rimanere perfettamente in silenzio, né allo scambiarsi qualche parola, anche sul lavoro terapeutico che si svolge nello studio. Tutto è perciò lasciato alla disponibilità e alle inclinazioni sociali dei presenti.
Il Colloquio vero e Proprio:
Qui dobbiamo distinguere in base all'approccio del terapeuta che si sta incontrando. Io naturalmente posso parlare del colloquio Strategico, cioè di quella forma di colloquio che si è strutturata in trent'anni di esperienza presso il Centro di Terapia Strategica e tutti gli studi affiliati. Ogni collega, poi, si regola a suo modo.
La prima seduta, dal punto di vista strategico, è la più importante di tutta la terapia. Il lavoro inizia già in questo momento e tutto ciò che succederà dopo dipende da come è stata condotta questa seduta. Per questo motivo il terapeuta strategico è addestrato a condurre in maniera rigorosa e precisa il colloquio fin da questa seduta.
Si comincia con la fase di anamnesi: il terapeuta chiede al paziente alcuni dati sulla propria storia: situazione sentimentale, lavorativa, eventuali problemi di salute presenti o passati, composizione della famiglia d'origine ecc.
Si passa poi alla definizione del problema: il terapeuta, attraverso una serie di domande poste secondo la tecnica del Dialogo Strategico, giunge man mano a capire qual è il problema che la persona intende risolvere, o l'obiettivo che vuole raggiungere. Se i problemi o gli obiettivi sono più di uno, il terapeuta sceglie insieme alla persona quale sia il più urgente da affrontare.
Di solito, ogni quattro o cinque domande e risposte, il terapeuta ridefinisce ciò che ha capito fino a quel momento, per essere sicuro di trovarsi sulla strada giusta.
Come si vede il paziente deve preoccuparsi esclusivamente di comprendere le domande, chiedendo di ripeterle se non gli fossero chiare, e di rispondere nella maniera più immediata. Non c'è niente di nascosto dietro le domande di un terapeuta strategico, non esistono risposte giuste o sbagliate, solo risposte sentite.
Dopo la definizione del problema il terapeuta è già in grado di dire se può essere d'aiuto alla persona, si passa perciò alla definizione operativa: se il problema non è di sua competenza suggerirà di rivolgersi a qualcun altro, fornendo anche i recapiti ai quali rivolgersi; altrimenti passerà subito al cosiddetto "Contratto Terapeutico". Si tratta di alcune semplici regole che saranno seguite durante tutta la terapia.
A questo punto c'è la fase di quelle che vengono definite "Prescrizioni", ossia semplici esercizi che il terapeuta dà ai pazienti che dovranno svolgerli tra una seduta e l'altra. Grazie alle prescrizioni la terapia, di fatto, è come se non si interrompesse mai.
Il colloquio si conclude poi fissando il prossimo appuntamento, che può essere a distanza di una settimana, di quindici giorni, o anche di più tempo, secondo ciò che il terapeuta ritiene opportuno.